martedì 17 dicembre 2013

Vivere

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Non nasconderò i miei gusti o le mie avversioni.
Farò qualsiasi cosa mi dia intima gioia e il cuore mi detti.
Se siete d'animo nobile vi amerò.
Se non lo siete
non danneggerò ne voi ne mè con ipocrite attenzioni.
Se infine siete sinceri
ma non riconoscete la mia stessa verità,
restate pure fedeli ai vostri compagni ..
Io cercherò i miei.

giovedì 12 dicembre 2013

Imbrogliano i Dirigenti......pagano gli operai

The complaint alleges that Defendants violated Sections 10(b) and 20(a) of the Securities Exchange Act of 1934 and Rule 10b-5 promulgated thereunder. Specifically, the complaint alleges that the Company failed to disclose or misrepresented that the Company hid $5.8 million in inventory expenses in order to inflate its earnings and that as a result the Company had to take a $9.1 million inventory charge, that it improperly accounted for its accrual for vacation pay and its recording of a contingent gain and the recording of an profit-in-inventory charge. As a result the Company's financial results were not prepared in accordance with Generally Accepted Accounting Principles.

Dopo aver subito una CLASS ACTION (MOLEX INC. 27.07.2004/14.02.2005 e pagato 10.500.000 $ di risarcimento )

..non hanno trovato di meglio che fare un Corso di Etica..... AGLI OPERAI
Perfect

martedì 10 dicembre 2013

Cuore animale

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Era estate si avvicinavano le ferie.
Per quel che mi riguardava, l'unico pensiero che mi passava per la testa in quei giorni era di correre a giocare con un grosso e vecchio cane, nero come il carbone, affettuoso come un cucciolo.
Il cane apparteneva ad un anziano signore, ormai vedovo, che abitava nella sua stalla a pochi metri da casa mia.
Dietro la nostra casa, un prato saliva fino a formare una piccola collina, verde, con un sentiero che si arrampicava fino a scomparire dietro la cima.
Rochi, il suo nome.
Era davvero enorme, la testa grossa e massiccia.., gli volevo un bene incredibile. Lui era come mi sentivo io, evitato per via dell'incomprensione, ma, in fondo, anche il mio caratteraccio era solo un modo per attirare attenzione, purtroppo nessuno capiva.
E la stessa cosa succedeva a lui. Evitato perchè nero e grosso, ma quella non era una sua colpa.
Purtroppo aveva il vizio di cacciare galline, e il suo padrone non poteva più sopportare il fatto che tutto il paese l'additasse come ladro di pollame.
Un giorno venne da me, mentre giocavo col mio unico amico, il suo cane, e disse:
" mi spiace, ma domani lo porto via, non posso più tenerlo, quindi stai a casa tua, domani, perchè lo porto via."
La sua voce era incerta e mi spaventava.
L'indomani volevo almeno salutare quel cane così importante per me, dunque avevo deciso di andare a salutarlo a tutti i costi.
Mentre mi incamminavo, vidi il mio simpatico amico salire la collinetta, dietro casa mia, accompagnato dal suo padrone, che in mano teneva un grosso martello. L'avevo rincorso, ma non avevo fatto in tempo a raggiungerlo ed erano spariti dietro la collina.
Poco dopo sentii il rumore, un botto, il più terribile del mondo. In un silenzio surreale uno stormo di uccelli si era levato da un albero li vicino...il cuore cominciava a battere sempre più forte.
Avevo capito dove era stato portato il mio Rochi, e avevo compreso, in quel momento, di aver perso l'unico amico che avevo.
Poco dopo, il padrone del cane comparve dalla cima della collina e si incamminò verso di me, io lo aspettavo.
Quando mi raggiuse, mi disse che era l'unica maniera, che non aveva sentito niente, che aveva fatto la cosa giusta...una lacrima gli rigava il volto ormai arso dalla vecchiaia.
Guardai il martello, sporco di sangue...il sangue di Rochi.
Ci incamminammo insieme verso la sua stalla, il vento scompigliava i capelli grigi dell'anziano signore che si era tolto il cappello, forse in rispetto del suo cane. L'erba mi solleticava le gambe e le mie lacrime scivolavano via fino a finire nel vento.
Un respiro, alle mie spalle, fermò il mio cuore per un attimo.
Quando mi voltai, e il signore al mio fianco si voltò con me, una sagoma nera ci seguiva tranquilla.
Lo guardai. Quello che era stato il suo padrone si inginocchiò al suolo, distrutto dal rimorso a colpito dal terrore che il cane volesse punirlo.
In silenzio, rimasi a guardare come, un cane vecchio, stanco e tradito, si avvicinava con la testa bassa e sanguignolenta, la coda agitata come una bandiera e andava a leccare la faccia del suo amato padrone, quasi come se gli stesse chiedendo scusa di averlo spinto sino a quel gesto di punizione.
Il signore esplose in un pianto, un pianto da bambino e abbracciava il suo cane, ormai sfinito ed incapace di reggersi sulle zampe.
E io vedevo.
Vedevo il perdono di un essere vivente che, dopo essere stato colpito a morte dalla persona più amata, si accingeva a farle il regalo più bello, immenso e meraviglioso che un uomo pentito potesse ricevere, il Perdono.

giovedì 5 dicembre 2013

Ode alla vita

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Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore
e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza,
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge,
chi non ascolta la musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare,
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna
o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.

martedì 3 dicembre 2013

DE RERUM NATURA

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Visse a Roma nella prima metà del 1 secolo prima di Cristo.
Basta leggere alcuni passi di un suo scritto per cogliere la forza della scienza antica.
C'è un passo iniziale del poema dove si dice che occorre trattare la struttura fondamentale di cielo e di dei per capire i principi delle cose.
Chi accetta questa idea pensa che le divinità abbiano creato una natura perfettamente adatta ai ritmi umani, e che ciascuno di noi debba temere la morte e credere nell'immortalità dell'anima.
Sul primo punto la scienza dimostra che non esiste una natura provvidenziale.
La ragione ci fa infatti uscire dai limiti dei sensi e ci fa scorgere un mondo di atomi dove regnano soltanto le leggi universali, non i capricci degli dei.
Si tratta dunque di spiegare i fenomeni che avvengono attorno a noi, e non di giustificarli con l'illusione che l'uomo sia il fine ultimo di una volontà divina.
E la spiegazione razionale ci mostra un universo indifferente ai nostri sogni.
Questa indifferenza è radice di angoscia, ovviamente, poichè ci fa vedere la pochezza dell'uomo.
Ma, nello stesso tempo, il fatto stesso di capire come la natura sia matrigna e fonte di serenità per chi si affida alla ragione e non alla superstizione.
E la paura della morte ?
Dobbiamo incorniciare noi stessi in una evoluzione umana che, secondo Lucrezio, è governata sia dal caso, sia dalla necessità di soddisfare i nostri bisogni materiali, che non è regolata dai demiurghi divini e che ci spiega senza ricorrere ad alcuna teologia.
Non esistono anime immortali, suscettibili di premi o di punizioni, e non c'è un inferno.
C'è solo la natura maestosa e imperturbabile, rispetto alla quale l'uomo può rasserenarsi solo nel piacere della conoscenza.

- Se ti è stata gradita la vita prima di adesso, perchè piagnucolare in prossimità della morte.
Via le lacrime, vecchio furfante, frena i tuoi lagni.

TITO LUCREZIO CARO

domenica 1 dicembre 2013

Prossima Armageddon

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L'apocalisse liberista comincia a realizzarsi e a rendere tangibili gli incubi delle prime generazioni ambientaliste e non solo.
Che ci si sia arrivati nonostante gli avvertimenti attiene alla natura umana, alla natura delle masse incolte, come alla natura di quanti, pur avendo coscienza dei problema, sono distratti dall'avidità o in altre faccende affaccendati.
Dal globale al locale, tutto il pianeta è ormai avvelenato.
L'uomo ha prelevato e elaborato materie prime restituendo scarti di lavorazione e veleni.
I veleni sono finiti nell'acqua, nell'aria e da lì ovunque.
Gli orsi al Polo nascono ermafroditi, gli alberi in Siberia muoiono prima che le avanguardie dei taglialegna li possano raggiungere; sono inquinate le vette, come gli abissi.
Il caso ci ha dato un'atmosfera che gli esser viventi hanno imparato a respirare attraverso un'evoluzione lunghissima, sopravvivendo anche a cambiamenti nella sua stessa composizione, evolvendo bio-elementi che, grazie alla lentezza dei processi, hanno trovato quel miracoloso equilibrio, tanto necessario quanto inevitabile.
La relativa velocità, o meglio la vorticosa lentezza naturale dell'evoluzione, ha concesso il tempo necessario all'evoluzione degli organismi.
Da duecento anni questa velocità è cambiata, aumentando drammaticamente.
Tutti lo sanno, ma gli allarmi lanciati da decenni restano per lo più inascoltati. Sono decenni che si denuncia il taglio insostenibile delle foreste.
E' da allora che la quantità di quelle tagliate ogni anno aumenta.
Dal 1800 sappiamo che certe sostanze inquinano, ma questo non ha evitato che per duecento anni si sia scavato oro e lo si sia lavato con il cianuro; o che altre sostanze siano state sparse per decenni senza alcun filtro.
Tutto lo scarto che produciamo finisce, prima o poi, nell'acqua.
Da anni la FDA sconsiglia, le gestanti e i bambini dal mangiare un lunghissimo elenco di specie marine più di una volta a settimana.
Nel mare non ci sono confini, tutto il pescato del mondo contiene livelli simili di metalli pesanti e via elencando.
La situazione dell'atmosfera aveva preoccupato gli unici che possono preoccuparsi di questo dramma. Gli stessi che possiedono la conoscenza, il potere e le ricchezze del mondo.
Tutto quello che sono riusciti a fare è stato firmare un trattato, quello di Kyoto, che impegnava ad un 6% di riduzione delle emissioni in atmosfera.
Gli studi sui quali si fondava l'esigenza di siglare il protocollo, chiedeva una -urgente- riduzione di -almeno- il 30% delle emissioni.
Il protocollo di Kyoto non lo ha rispettato nessuno, nemmeno i firmatari, nemmeno l'Italia.
Oggi ci dicono che le emissioni sono aumentate del 10%.
Non poteva essere diversamente; un sistema che si fonda sullo sfruttamento del pianeta e dei suoi stessi abitanti non può riformarsi neppure sotto la spinta della sopravvivenza.
La prospettiva di finire avvelenati con una atmosfera non respirabile non è immediata, e neppure certa, ma urgente se ci poniamo nei panni delle prossime due generazioni.
Già ora è chiaro che la specie umana evolverà anche attraverso mutazioni imposte o favorite dell'inquinamento ambientale.
Se anche si riuscirà a limitare i danni all'atmosfera, non si potrà fare altrettanto con l'inquinamento dei terreni e delle acque.
E' fin troppo evidente che coloro che vorranno lucrare ne avranno licenza per ancora più tempo, se tutto resterà come adesso.
Come gli orsi polari, anche gran parte della popolazione mondiale subirà gravi mutazioni genetiche.
Già ora accade, basti pensare alla diffusione delle allergie.
A molti medici basta pensare alla qualità dell'aria che respirano durante la giornata per spiegarsela; basta fare la prova inspirando con forza nei luoghi della quotidianità.
Molti altri che vivono a favore di falde inquinate, che si nutrono per tutta la vita di cibo sintetico o marcio, soffrono malattie strane.
Per assisterli tutti non basterebbe dedicare loro tutte le tasse del mondo.
New York ha 800.000 diabetici, tra poco saranno un milione.
Il sangue dei newyorkesi impazzisce perché dentro c'è di tutto: dagli ormoni medicinali che danno agli animali fino alle centinaia di pillole che gli americani vengono educati a mangiare fin da piccoli.
Inquinamento da medicinali, case farmaceutiche poco controllate fanno disastri e uccidono come la food industry.
Quello che si tende a sottovalutare, quando si parla di inquinamento ambientale, è che i pericoli che dobbiamo temere non sono uguali al maggior pericolo che ci possiamo immaginare.
Come i nostri corpi assorbono i miasmi del traffico, benzene, polveri sottili, allo stesso modo assumono sostanze impreviste dal cibo, dalle nostre stesse abitazioni ed oggetti, dai vestiti; sono esposti a radiazioni di ogni tipo.
Come succede al nostro corpo, così il problema investe tutte le specie viventi.

giovedì 7 novembre 2013

Solitudine

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Meglio soli che mal accompagnati.
In questo detto popolare è racchiusa una verità:
talvolta, rispetto a compagnie non piacevoli, è preferibile la condizione di solitudine.
Vi sono però persone che fanno rientrare nella categoria di “mala compagnia” pressocchè la totalità delle possibili relazioni e si tengono pertanto a distanza dagli altri, trovando in ogni conoscenza motivi di
perplessità.
In realtà queste persone possono lamentarsi e soffrire per la loro condizione di isolamento, una condizione che inconsapevolmente essi stessi creano con atteggiamenti di superiorità, di critica o di diffidenza, che finiscono per allontanare chi a loro si avvicina.
L’altro viene percepito come una minaccia, come un potenziale nemico.
Non si sono instaurati, per vari motivi, rapporti di fiducia, per cui le
relazioni risentono e ripresentano carenze della loro vita infantile.
Purtroppo essi stessi, per una difficoltà a fidarsi e affidarsi, si costruiscono la condizione di solitudine nella quale si trovano ingabbiati.
Ognuno di noi può attraversare periodi in cui avverte un senso di solitudine: al rompersi di una relazione affettiva, per un trasferimento prolungato lontano dal proprio ambiente; quando queste modificazioni non avvengono per libera scelta si apre una ferita si tende a interrogarsi sulla propria persona, sulle proprie qualità individuali e relazionali.
A volte emergono dubbi che conducono a un senso di insicurezza.
Il sentirsi soli procura disagio, alimenta dubbi.
Può essere una situazione transitoria da cui si esce rafforzati, accettando gli insuccessi come parte della vita, coltivando interessi, aprendosi a
nuove conoscenze.
L’esperienza della solitudine rivela anche un aspetto di possibilità, di
rielaborazione personale nel contatto, seppur un po’ forzato, con noi stessi, con la nostra vulnerabilità.
Conosciamo individui che sono inclini alla solitudine, che privilegiano e ricercano tale condizione nella loro vita: rifiutano gli inviti, trascorrono il tempo libero da soli.
In effetti lo stesso termine che si usa per definire questa loro caratteristica, “solitari”, indica questa loro scelta preferenziale.
Sono persone che manifestano scarso interesse per le relazioni umane.
I motivi sono vari e complessi.
Essi sviluppano la dimensione interiore, personale, alcune volte con il rischio
di una scarsa aderenza alla realtà , a causa di un contatto insufficiente con il mondo esterno.
Ma la solitudine può essere scelta anche solo temporaneamente,
periodicamente, come opportunità e condizione essenziale per attingere a quelle potenzialità creative che troviamo dentro noi stessi.
Le opere d’arte nascono dal silenzio, dalla riflessione e dalla contemplazione, da un pensiero che sa staccarsi dalla corrente della massa per aprire nuove vie, rivolgersi a nuovi orizzonti.
Così anche a certe scoperte scientifiche si è pervenuti osando spingersi oltre il confine del condiviso, assodato, certo.
E' nella solitudine che noi entriamo in noi stessi, incontriamo il nostro
io profondo che ci rivela chi siamo, cosa veramente vogliamo e desideriamo al di là anche dei bisogni spesso falsi che ci sono indotti dalla nostra società, con messaggi pubblicitari e modelli di comportamento.
Rientrare in noi stessi è scoprire la nostra originalità e individualità, ciò che ci caratterizza e anche ciò che ci differenzia dagli altri.
Possiamo quindi intendere la solitudine anche come una capacità: la capacità di stare soli.
Per comprendere come si forma questa qualità basta fare riferimento all’infanzia, alle relazioni più significative di quel periodo.
Il bambino quando acquista la fiducia di essere amato, di non venire abbandonato dai genitori, può tranquillamente esplorare il mondo circostante e ritagliarsi spazi in cui stare da solo.
Sono momenti in cui il bambino osserva (elemento essenziale per la conoscenza dell’esterno), gioca da solo, parla tra sé e sé.
Alcuni genitori stimolano continuamente i propri figli per fare apprendere loro sempre nuove conoscenze e abilità.
Tale atteggiamento riflette, tra l’altro, la nostra mentalità occidentale intrisa di
efficientismo e di attivismo.
Ben diversa è la cultura orientale che valorizza la meditazione, la
riflessione, la calma.
Tornando al bambino, va tenuto presente che quando sembra inattivo in realtà
è all’opera, interiorizzando ed elaborando le sue conoscenze e sviluppando le sue capacità creative.
E’ importante quindi non privare il bambino di questi momenti estremamente utili alla sua crescita e allo sviluppo personale.
Ciò che vale per il bambino vale anche per noi adulti: solo nel silenzio possiamo metterci in ascolto del nostro io più autentico e profondo e riflettere in modo personale e libero su noi stessi, gli altri e ciò che ci circonda.
La solitudine è anche lo spazio più adatto per alcune attività: leggere, scrivere, dipingere, creare, comporre.
Mentre state leggendo questo articolo vi troverete soli o comunque avrete
momentaneamente sospeso la comunicazione con chi vi circonda, così come io ho maturato e sto scrivendo questo articolo in una condizione di solitudine.
Vorrei ora considerare la solitudine come dimensione umana esistenziale. Dalla nostra nascita, da quando è stato tagliato il cordone ombelicale che ci univa a nostra madre noi ci troviamo di fatto separati, distinti dagli altri esseri umani.
Sta di fatto, comunque, che la nostra condizione esistenziale è quella di individui separati dagli altri e quindi, per certi versi, inevitabilmente soli.
Ci sono scelte e responsabilità che rimangono personali, nelle quali nessuna altra persona si può sostituire completamente al singolo.
La vita ci offre numerose opportunità di incontri, di amicizie e di legami profondi che ci consentono talora di sperimentare sintonia, affinità, complicità.
Ci sono momenti “magici” nell’amore e nell’amicizia, rapporti fedeli e duraturi, autentici, che sanno anche resistere al tempo e alla distanza.
“Grazie perché esisti”, “Grazie per come sei” sono tra i ringraziamenti più belli che possiamo ricevere ed esprimere a qualcuno e rivelano come l’altro sia fonte di gioia e motivo di gratitudine.
Ciascuno di noi avrà già sperimentato come la vicinanza e l’affetto di una persona cara siano un vero balsamo di vita.
Eppure, per tanto che possiamo trovarci bene con l’altra persona, rimane tra noi e l’altro uno scarto, una minima distanza che è la nostra differenza e che scaturisce da quella sete di amore infinito e totale che abita nel nostro
cuore e che nessun essere umano, in quanto limitato, può colmare.

La solitudine, vissuta ad un livello maturo, soprattutto se scelta e non subita, è una dimensione utile e necessaria alla nostra vita.
Una buona maturità psicologica comprende la capacità di instaurare relazioni positive e significative con gli altri e la capacità di stare anche da soli.
Finchè abbiamo bisogno di una “stampella” per stare in piedi non abbiamo
ancora raggiunto una piena maturità.
E’ importante che ciascuno, pur se assorbito da una vita attiva e frenetica, sappia ritagliarsi spazi di silenzio e di solitudine.
Credo che per tutti noi possa essere un buon traguardo riuscire a trovare un equilibrio tra la relazione con gli altri e quella con noi stessi.
Non sono due relazioni contrapposte; al contrario,
ognuna alimenta e arricchisce l’altra.

lunedì 18 marzo 2013

L'Amore può morire




Come son pesanti i giorni,
A nessun fuoco posso riscaldarmi,
non mi ride ormai nessun sole,
tutto è vuoto,
tutto è freddo e senza pietà,
ed anche le care limpide stelle
mi guardano senza conforto,
da quando ho appreso nel mio cuore,
che anche l'amore può morire.

sabato 16 marzo 2013

L'abito




Il vostro abito nasconde una gran parte della vostra bellezza, tuttavia non maschera ciò che non è bello.
E benché cerchiate nell'abito un'intima libertà, potreste trovare in esso le vostre catene.
Vorrei che la vostra pelle, e non il vostro abito, fosse sfiorata dal sole e dal vento.
Poiché il soffio della vita è nella luce del sole e la mano della vita è nel vento.

Alcuni di voi dicono: "E' il vento del Nord che ha tessuto l'abito che indosso".
E io dico che, si, è stato il Vento del Nord,
Ma la vergogna è stata il suo telaio e la mollezza la sua trama.
E a fatica compiuta, il vento ha riso nella foresta.
Non dimenticate che la modestia vi è stata data a scudo contro gli occhi dell'impuro.
Ma quando l'impuro sparirà, che cosa sarà la modestia se non poltiglia che intorbida la mente ?
E non dimenticate che la terra ama sentire i vostri piedi nudi e il vento giocare con i vostri capelli.

giovedì 7 marzo 2013

François De La Rochefoucauld

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Ebbe un'educazione piuttosto superficiale, com'era costume in quel tempo per i giovani destinati alla carriera delle armi.
Venne sposato, non ancora quindicenne, ad Andrée de Vivonne, la quale gli dette otto figli, e assai presto fece il suo ingresso a corte, immischiandosi nei numerosi intrighi architettati contro il cardinale Richelieu, in seguito ai quali fu rinchiuso per breve tempo nella Bastiglia ed esiliato per due anni nella sua terra di Verteuil.

Ritornato a corte nel 1642, fu ostile a Mazarino come lo era stato a Richelieu e si impegnò attivamente sia nella Fronda parlamentare sia nella Fronda dei principi, nel corso della quale ebbe anche la carica di luogotenente generale dell'esercito ribelle.
Nel combattimento della porta Saint-Antoine fu gravemente ferito.
L'anno seguente tuttavia si riavvicinò al re, abbandonando all'improvviso ogni ambizione politica e convertendosi alla vita di corte.
Nel 1662 pubblicò la sua prima opera, le Memorie narranti i maneggi per il potere alla morte di Luigi XIII, ma la sua fama letteraria ebbe inizio col 1664, l'anno in cui fece stampare all'Aia le sue Riflessioni, o Sentenze e Massime morali.

Scriveva con pessimismo sulla natura umana, un pessimismo senza veli sulle passioni, le ambizioni, la prontezza al tradimento di cui uomini e donne sono capaci.
Le Massime riescono a mettere a nudo aspetti poco rispettabili della natura umana e rappresentano una significativa stazione nella realizzazione del programma fissato da Socrate con l'imperativo "Conosci te stesso".
"L'amor proprio è il più grande di tutti gli adulatori".
E poi: "Per quante scoperte siano fatte nel paese dell'amor proprio, vi restano ancora molte terre sconosciute".
"l'amor proprio è più abile del più abile degli uomini del mondo".
E per quanto ci si ingegni a nascondere le nostre passioni sotto parvenze di pietà e di onore, "esse appaiono sempre attraverso questi veli".
Così "abbiamo tutti abbastanza forza per sopportare i mali altrui"; e "l'orgoglio più della bontà è coinvolto nelle nostre proteste contro quelli che commettono errori; non li riprendiamo tanto per correggerli quanto per convincerli che noi ne siamo esenti".

Senza pietà il coltello viene affondato sulle nostre miserie: "Siamo così assuefatti a mascherarci agli altri, che finiamo per mascherarci a noi stessi".
Falsi con noi e con gli altri, siamo tanto vanesi che "preferiamo dir male di noi stessi piuttosto che di noi non si parli affatto"; e se è vero che "normalmente non si loda che per essere lodati", è anche un fatto difficilmente smentibile che "poche persone sono abbastanza sagge da preferire la critica che è loro utile alla lode che le tradisce".
La realtà è che la lusinga è "una moneta falsa" cui la nostra vanità apre tutte le porte.

Le Massime appaiono in un periodo in cui le forme brevi erano alla moda presso quel pubblico mondano che era divenuto il vero giudice del successo di un'opera.
Pensieri brevi ed incisivi, veri precipitati di esperienza e di saggezza erano già stati precedentemente offerti da Michel de Montaigne, anche Pierre Nicole scriverà "sentenze" nei suoi Essais de Morale; e "sentenze" scriverà la marchesa de Sablé.
Per quanto riguarda la falsità, a Rochefoucauld si attribuisce la convinzione che gli uomini non vivrebbero a lungo in società se non si ingannassero reciprocamente. "La falsità ― lui dice ― è universale perché le nostre qualità sono incerte e confuse, e così pure le nostre opinioni: non vediamo le cose come effettivamente sono, le stimiamo più o meno di quanto valgono e non ci disponiamo in rapporto ad esse nel modo più opportuno".

Come Pascal, La Rochefoucauld ritiene l'onestà una qualità interna all'uomo, ma che proprio per questo pone un dilemma: come si fa a distinguere la vera onestà dalla falsa rappresentazione di essa?
La differenza tra le vere e le false persone oneste è difficilmente percepibile dalla maggioranza della gente, specialmente se non si ha la possibilità di prestare attenzione al minimo indizio di insincerità.
Spietato nella denuncia dell'ipocrisia, La Rochefoucauld irride la falsità delle apparenze virtuose ("la cortesia è il desiderio di essere ricambiati e di essere considerati gentili"), dimostrando come ogni azione sia frutto di un egoismo originario, dell'interesse personale e della totale mancanza di autocritica ("niente è più raro della vera bontà: quelli che credono di averla hanno in genere soltanto compiacenza o debolezza").

L'egoismo, uno dei temi principali della sua riflessione, fa parte strutturale della natura umana e, proprio per questo, ne può derivare una particolare forma di saggezza che conduca a una morale "senza trascendenza", una morale sociale, che finisca col diventare arte di vivere .
"Non possiamo amare niente che non sia in rapporto a noi stessi, e quando preferiamo i nostri amici a noi stessi non facciamo che seguire i nostri gusti e il nostro piacere.
Eppure, solo grazie a questa preferenza può esserci un'amicizia vera e perfetta".
È il metodo, quello che è stato definito "l'ermeneutica delle virtù", a conferire la coerenza di un sistema ai pensieri: riducendo le virtù nobili a motivi "ignobili", La Rochefoucault crea un'etica della verità denudata che colpisce in profondità come una spada.

Le massime nascono da un profondo senso di disillusione e sconfitta dell'autore e, per l'esigenza intellettuale di non offrire l'aspetto emotivo della propria riflessione, il punto d'osservazione vuole essere staccato; ma quello di La Rochefoucault è un distacco solo apparente, che fa trasparire l'intensità delle emozioni (perfettamente controllate) e l'amarezza dell'esperienza di vita.
La verità che ogni lettore può riconoscere in queste riflessioni è, necessariamente, solo parziale: il punto d'osservazione fissa l'aspetto negativo del cuore umano, il male che alligna in ogni vivente, ben mimetizzato sotto il velo della virtù ("la modestia, che sembra rifiutare le lodi, in realtà desidera soltanto riceverne di più raffinate").

Quanto siano feroci e spietati i giudizi che questo pensatore trancia lo si deduce da quanto sappiano colpire ancora oggi e forse questo avviene perché "Se si fa tanto discutere contro le massime che mettono a nudo il cuore umano è perché ciascuno teme di esservi messo a nudo".
Si può essere falsi in vari modi. Ci sono uomini falsi che vogliono sembrare sempre ciò che non sono.
Ce ne sono altri, più in buona fede, che sono nati falsi, sono i primi ad ingannarsi e non vedono mai le cose come sono.
Alcuni poi non hanno nulla di falso né nella mente, né nel gusto, ma sono rarissimi, perché, in generale, non c'è quasi nessuno che non abbia un po' di falsità in qualche aspetto dell'intelligenza o del gusto.

La falsità è così universale perché le nostre qualità sono incerte e confuse, e così pure le nostre opinioni: non vediamo le cose come effettivamente sono, le stimiamo più o meno di quanto valgono e non ci disponiamo in rapporto ad esse nel modo più opportuno né per loro né per la nostra condizione.
Questo errore insinua un'infinità di falsità nella mente: il nostro egoismo si lascia lusingare da tutto ciò che ci si presenta sotto le parvenze del bene; ma, essendoci molti tipi di beni che colpiscono la nostra vanità o il nostro carattere, li seguiamo per abitudine o per comodità, li seguiamo perché li seguono gli altri, senza considerare che una stessa opinione non deve essere ugualmente abbracciata da ogni genere di persone e che bisogna seguirla più o meno assiduamente a seconda che sia più o meno conveniente per chi la segue.

Si teme di mostrarsi falsi nel gusto ancor più che nell'intelligenza.
Le persone dabbene devono approvare senza prevenzioni ciò che merita approvazione, seguire ciò che merita di essere seguito e non piccarsi di nulla.
Ma ci vuole una straordinaria misura: bisogna saper distinguere ciò che è bene in generale e ciò che ci è utile, e seguire con raziocinio la naturale inclinazione che ci conduce verso le cose che ci piacciono.
Se gli uomini volessero eccellere soltanto per le proprie doti e attenendosi ai loro doveri, non ci sarebbe nulla di falso nel loro gusto e nella loro condotta; si mostrerebbero come sono, giudicherebbero le cose col loro discernimento e le sceglierebbero a ragion veduta; ci sarebbe una stretta connessione tra le loro opinioni e le loro idee; il loro gusto sarebbe vero, autonomo e non attinto dagli altri e vi si atterrebbero per libera scelta e non per abitudine o caso.

giovedì 28 febbraio 2013

In mia compagnia....

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Piu' il tempo passa.. piu' mi affascina lo stare da solo..
Quando sono in "mia compagnia" tutto funziona..
Condivido i miei ragionamenti,
apprezzo le mie letture,
mi appassiono ai miei nuovi interessi.. insomma tutto torna..
E' quando devo confrontarmi con gli altri che tutto mi sembra irreale..

Entrano in gioco paure, convenienze,interessi, modi di vivere la propia vita, liberamente, ma possibilmente facendo pagare agli altri il costo piu' alto.
Non vediamo il dolore che ci circonda, se ci passa davanti giriamo la testa o al massimo la scuotiamo.
Difficile cambiare la natura dell'uomo...
Fatta qualche eccezzione noi siamo cosi'

Relax e Ozio creativo

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Relax

Sedete in una posizione comoda, chiudete gli occhi, lasciate che il vostro corpo si
rilassi, e per alcuni minuti prestate attenzione al respiro.
Immaginate di sedere su una spiaggia di fronte al mare. E’ una notte nuvolosa.
Sentite il continuo mormorio delle onde, la calda brezza marina, il profumo
dell’aria salata.
Ora guardate una splendida luna piena appena sorta.
Guardate il riflesso della luna sull’acqua.
Contemplate la luna per lungo tempo. La vedete diventare sempre più luminosa,
abbagliante.
Gradualmente si trasforma in Guanyin, il suo corpo è circondato da un’aura raggiante.
Lentamente ella discende verso di voi, in piedi su un fiore di loto che fluttua
sulle onde.
E’ una donna matura dai lineamenti asiatici, con un copricapo decorato e una lunga
veste fluttuante.
Nel vedervi, Guanyin sorride meravigliosamente, e lacrime di gioia brillano nei suoi
occhi.
E’ così felice di vedervi. Quando si avvicina, lasciate che la sua luce radiosa
penetri in voi.
Lasciate che la sua forza, la sua pace e la sua compassione diventino parte di voi.
Apritevi a lei, affinché si fonda completamente con voi.
Sentite una compassione infinita per voi stessi e per tutti gli esseri senzienti.
Le vostre difficoltà, le vostre debolezze, i vostri limiti; la vostra mancanza di
autoconsiderazione; le vostre incertezze, il vostro dolore; lasciate che tutto sia
accettato.
Lasciate che la vostra sofferenza e la vostra confusione siano circondate dall’amore
che Guanyin risveglia in voi.
Lasciatevi abbracciare dalla sua compassione per sempre. Rimanete in questo stato
finché ne avete bisogno.
Infine, è tempo che Guanyin vi lasci. La vedete di nuovo di fronte a voi
allontanarsi lentamente e scomparire.
Anche il mare ed il cielo svaniscono. Rimanete in contemplazione dello spazio vuoto.
Apritevi a questo spazio e sperimentatelo, nella pace.
Quando vi sentite pronti, tornate al presente.
Concentratevi ancora per qualche minuto sul respiro e aprite gli occhi.

Ozio attivo

Divagazione, impegno rilassato, in particolare in opere d'ingegno, che forma e sviluppa la personalità umana.
Si tratta del tempo libero dalla produzione di beni materiali indispensabili alla sopravvivenza.
Nell'ozio non si include il tempo usato per il lavoro, per i trasporti, per le cure personali, per le faccende domestiche e per il sonno.
L'ozio comprende il tempo che si usa per soddisfare diversi interessi personali, quali il divertimento, lo sport, il gioco, l'arte, la comunicazione sociale, la lettura, il turismo, il fai-da-te e altri hobby.
Si distingue l'ozio attivo, quello in cui qualcuno svolge un'attività creativa che gli consente di sviluppare in modo multiforme le proprie capacità, dall'ozio passivo, legato al consumo di beni culturali creati da altri.
Ma quest'ultima forma contribuisce anch’essa alla formazione della personalità e alla sua socializzazione.
Nel futuro si ritiene necessario aumentare il volume dell'ozio, colmando il tempo libero di attività creative, innalzando il livello culturale, il riposo e il divertimento.
Il problema dell'umanizzazione dell'ozio e dell'elevazione del suo contenuto è uno dei compiti essenziali delle attuali generazioni.
Oziare non significa non pensare.
Significa non pensare secondo regole obbligatorie, non avere l’assillo del cronometro,non seguire i percorsi angusti della sola razionalità…
L’ozio creativo segue regole completamente diverse.
È il nutrimento dell’ideazione… Il cervello ha bisogno dell’ozio per produrre le idee.

Hee si, sembra che io abbia trovato il mio metodo di vita.... l'ozio creativo.
Mi rilasso con Guanyin e poi via al lavoro.

martedì 12 febbraio 2013

Uomini o pecoroni...

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Gli uomini sono proprio dei pecoroni, o almeno, si comportano come tali.
A quanto pare sì, lo sostiene uno studio condotto dall’università di Leeds.
Gli studiosi hanno dimostrato come basti un piccolo numero di persone che sembrano saper il fatto loro per trascinarsi dietro - senza che sappiano neppure il perché - una folla di 200 individui. Esattamente come le pecore! I ricercatori, per provarlo, hanno chiesto a dei volontari di camminare a caso in lungo e in largo per una grande sala - previa averne istruiti alcuni di loro con maggiori informazioni. Il risultato? Basta che un 5% - rispetto al numero totale - sappia il da farsi per dare il passo al resto del gruppo.

giovedì 31 gennaio 2013

GIOCHI - Il gioco piu difficile al mondo

Siete avvertiti una volta che avrete iniziato questo gioco diventerete veramente incazzati! Questo gioco già dal titolo si propone come il più difficile gioco del mondo e dunque adatto a tutti gli amanti di giochi di puzzle e abilità. La sfida è aperta riuscirete a finire questo gioco super difficile? Voi siete il quadrato rosso e dovrete raggiungere l'area verde chiara raccogliendo i pallini gialli. Sembra facile??? Beh vi sbagliate provate per credere

GIOCHI - Frustra Bit

mercoledì 30 gennaio 2013

Utopia




Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare,
che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare,
che io possa avere soprattutto l'intelligenza di saperle distinguere.

Thomas More

Gli spietati

Gli spietati