sabato 11 luglio 2009

Nucleare...si parte

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L'aula del Senato ha approvato, in via definitiva, il disegno di legge che prevede il ritorno al nucleare, con la delega al governo per la localizzazione dei siti per le nuove centrali.
Il Governo avrà ora sei mesi di tempo dall'approvazione della legge, per la localizzazione nel territorio per la costruzione degli impianti nucleari, fabbricazione del combustibile nucleare, sistemi di stoccaggio e deposito dei rifiuti radioattivi e materiale nucleare.
Nel ddl non si parla di investimenti, ma per produrre tale quantità di energia, servirebbero almeno 8 impianti nucleari che costerebbero almeno 30 miliardi di euro. Non si capisce bene da dove verrebbero presi.
Ci sono forti dubbi sulla reale copertura economica dell'enorme spesa che si dovrebbe programmare, se ai costi di produzione si aggiungono quelli per lo smantellamento, che equivalgono almeno a quelli di costruzione, e quelli per i controlli che vanno garantiti per alcuni secoli, si vede subito che la convenienza non c'è proprio.
Il Cipe, con una delibera da assumere entro sei mesi, definirà la tipologia degli impianti e, con un'altra delibera, favorirà la costituzione di consorzi per la costruzione e l'esercizio degli impianti.
Nasce inoltre l'Agenzia per la sicurezza nucleare, che svolgerà funzioni di autorità nazionale per la regolamentazione tecnica, il controllo e l'autorizzazione ai fini della sicurezza, la gestione e la sistemazione dei rifiuti radioattivi e dei materiali nucleari, la protezione dalle radiazioni, nonché le funzioni e i compiti di vigilanza sulla costruzione, l'esercizio e la salvaguardia degli impianti e dei materiali nucleari.
Abbiamo un premio Nobel come Carlo Rubbia che ha ripetuto più volte che oggi non esiste un metodo sicuro per lo stoccaggio delle scorie radioattive e che anzi c'è un rischio concreto per la salute.
Questo governo è tornato alla preistoria energetica per spendere soldi in grandiose e fragili cattedrali per la produzione di energia nucleare di terza generazione. Proprio quella tecnologia che Barack Obama si è rifiutato di finanziare perché inquinante e insicura, e che la cancelliera Angela Merkel ha dichiarato di non volere.
Se andiamo a vedere quale è l'andamento mondiale nel settore dell'energia, ci si accorge che il ritorno al nucleare è semplicemente una vera e propria follia, sia dal punto di vista ambientale che economico.
Con il nucleare non solo non si affronta il problema della sicurezza energetica, ma si rischia di far crescere esponenzialmente le bollette dei cittadini.
Ogni impianto costerà almeno 4 miliardi di euro che, di sicuro, ricadranno sulle spalle della collettività: scegliere oggi il nucleare vuol dire far regredire il nostro Paese, tagliandolo fuori dall'innovazione tecnologica e dalla ricerca sulle energie rinnovabili e sull'efficienza energetica, elementi su cui i paesi più avanzati stanno investendo con forza e che saranno i veri settori strategici nell'economia mondiale.
Significa anche aumentare le dipendente dall'estero, visto che solo all'estero ci sono le capacità di costruzione delle centrali, di lavorazione del combustibile e di riprocessamento delle scorie.
Paradossalmente, rispetto a 22 anni fa, quando il nucleare fu espulso dal Paese con un referendum popolare, oggi la preoccupazione delle associazioni che promossero quella campagna sembrano essere economiche, prima ancora che di tipo ecologico. Puntare come vuole fare l'Italia sullo sviluppo sul nucleare obsoleto, dopo aver abbandonato da anni la ricerca e la produzione industriale legata a questo settore, prima ancora che un problema di sicurezza è un colossale spreco di risorse.
Il governo invece plaude a se stesso per aver raggiunto un obiettivo strategico: tornare al medioevo energetico, e soprattutto spendere soldi.
Soldi pubblici da dare ai privati. Questo proprio nel giorno in cui il G8 all'Aquila ha affrontato il nodo cruciale delle politiche climatiche ed energetiche del Pianeta, dalle quali emerge la necessità di puntare con decisione ed urgenza sulle nuove tecnologie pulite. Una strada finalmente tracciata tra i Paesi più influenti del mondo, una strada dalla quale l'Italia di Berlusconi sceglie di tagliarsi fuori da sola. Mentre tutti i Paesi industrializzati vanno verso l’innovazione e le fonti rinnovabili, per Berlusconi i problemi energetici dell'Italia si risolvono ricominciando a produrre energia nucleare tra 20 anni.
Una scelta assolutamente anacronistica, un passo indietro, verso una tecnologia superata.
Una scelta che è pura propaganda ideologica, aggravata dal fatto che i siti nucleari verranno scelti liberamente dalle imprese che li realizzeranno. Senza che cittadini, associazioni, amministrazioni possano obiettare.

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