martedì 24 luglio 2012
Ama il prossimo tuo...
L'ONU ha diffuso un resoconto commovente del mondo in cui viviamo: il documento dal titolo The inequality predicament.
Ci sono sei mila trecento milioni di abitanti su questa nave spaziale chiamata pianeta terra. Di questi, solo mille milioni, cittadini di paesi sviluppati, sfruttano l'80% della ricchezza mondiale.
Negli ultimi quarant'anni il reddito pro capite dei paesi più ricchi si è quasi triplicato.
Tra i più poveri invece è cresciuto solo del 25.94%.
Di 73 paesi, tra il 1950 e il 1990 la disuguaglianza è cresciuta in 46 paesi, si è mantenuta stabile in 16 e si è ridotta in solo 9 paesi.
Immaginiamo tutti i beni di consumo del mondo.
Pensiamo che l'86% rimangono solo nelle mani del 20% della popolazione mondiale. E il 20% dei più poveri del mondo si dividono appena l'1.3% di questi beni.
Il mondo è diviso grosso modo in 240 nazioni.
Notiamo la differenza tra i 20 paesi più ricchi e i 20 più poveri.
I primi utilizzano il 74% delle linee telefoniche, mentre gli altri solamente l'1.5%.
I 20 più ricchi consumano il 45% della carne e del pesce offerti dal mercato, e i 20 più poveri appena il 5%.
Per quanto riguarda l'energia elettrica, i 20 paesi più ricchi ne consumano il 58%, mentre i 20 più poveri solo il 4%.
L'87% della produzione della carta resta ai 20 paesi più ricchi e l'1% ai paesi più poveri.
In quarant'anni il reddito dei 20 paesi più ricchi si è quasi triplicato: nel 2002 ha raggiunto i 32.330 dollari a persona.
Nei 20 paesi più poveri è cresciuto solo del 26%, arrivando a 267 dollari.
In America Latina la povertà è rimasta invariata rispetto ai dati degli ultimi decenni del XX secolo, ma è aumentata la disuguaglianza.
All'inizio degli anni '90, il 10% dei più ricchi del continente possedeva fino al 45% del reddito nazionale.
In Brasile, il 10% più ricco possiede un reddito 32 volte superiore di quello che ricevono il 40% dei più poveri.
Il documento dimostra che non è sufficiente combattere la povertà, ma che bisogna sconfiggere anche le cause della disuguaglianza.
In altre parole, senza distribuzione del reddito non si è in grado di promuovere l'integrazione sociale.
E la differenza di classi non c'è solo tra paesi ricchi e paesi poveri.
Anche in quelli ricchi ci sono enormi differenze sociali.
L'1% composto dai più ricchi degli Stati Uniti possiede il 17% del reddito nazionale.
Due sono stati i fattori che hanno contribuito ad aumentare il divario tra ricchi e poveri: il progresso tecnologico, da un lato, e l'abbassamento del costo della manodopera, dall'altro.
Più aumenta il livello della tecnologia, più diminuisce l'occupazione.
Un computer in uno studio di architettura, per esempio, può portare alla disoccupazione un buon numero di persone.
Nella loro ricerca di sempre maggior guadagno, le aziende vanno alla disperata ricerca di persone che lavorino di più, guadagnando di meno.
Secondo il principale sindacato americano AFL-CIO, nei prossimi dieci anni gli Stati Uniti esporteranno circa 14 milioni di posti di lavoro.
Questo significa che il paese smetterà di offrire lavoro al suo interno per sfruttare manodopera straniera a basso costo senza sicurezza sociale e lavorativa.
In tutto il mondo, la metà delle persone che lavorano - circa 1,390 milioni - vivono con meno di 1 dollaro al giorno; e un quarto di queste guadagnano, al massimo, 1 dollaro al giorno.
Senza cambiare l'attuale modello economico, nazionale e internazionale, incentrato sulla concentrazione del reddito, non c'è niente che ci fa pensare a un miglioramento di questi dati. Ma resta sempre la speranza.
lunedì 23 luglio 2012
Vento Divino
La storia leggendaria che ci ha tramandato la tradizione, e che per i Giapponesi è stata Storia fino alla fine della Seconda guerra mondiale, è questa: il mongolo Kublai Khan, temibile nipote del terribile Gengis Khan, già padrone di Cina, Indocina, Corea e Tibet, Kubilay Khanfondatore della dinastia che dominò la Cina con il nome di Yuan, vuole annettersi anche il Giappone.
Prova una prima volta nel 1274 ma è respinto da una tempesta, furioso dà ai suoi comandanti un anno di tempo per riprovarci. Ora, la distanza tra i porti del Khan mongolo e il Giappone è di circa 500 miglia di mare aperto, non esiste una flotta militare in grado di trasportare i 140 mila guerrieri e Arakhan, comandante in capo di Kublai Khan, inizia a costruire navi a tambur battente.
Per quante migliaia di operai siano stati impiegati e per quanto rapidi siano stati, bisogna arrivare al 1281 prima che siano approntate le circa 4.400 navi in grado di trasportare le truppe e che un giorno apparvero al largo delle coste giapponesi.
Gli uomini e i cavalli sbarcano, iniziano le prime battaglie con i samurai e, per quanto i mongoli si ritenessero invincibili non fosse che per la superiorità numerica, sono costretti a ritirarsi.
Arakhan ha due alternative: ritirarsi o dare nuovamente battaglia, opta per quest’ultima forte appunto del numero dei suoi armati e dell’appoggio di dio, d’altro canto i samurai sono animati dalla necessità di difendere la loro patria e non confidano certo meno nell’intervento divino che si palesa con una nuova tempesta sbarazzandoli definitivamente dal pericolo mongolo.
La tempesta che affondò le navi fu chiamata Kamikaze, vento divino, e per perpetrare il ricordo di quel lontano intervento miracoloso nel corso dell’ultimo conflitto mondiale presero questo nome reparti speciali d’attacco giapponesi, costituiti da aerei carichi di esplosivo con i quali i piloti si lanciavano contro le navi americane, aprendo la strada ad una tecnica ancora tristemente in voga ai nostri giorni.
Questo è quello che la storia-leggenda ci ha proposto fino a qualche tempo fa: l’intervento divino aveva salvato il Giappone.
Tutto era avvolto in un alone misterioso, non c’erano indizi per sapere con certezza dove, nelle 2000 miglia marine su cui si estendono le isole giapponesi, fosse affondata la flotta dell’invasore, finché una ventina di anni or sono un raccoglitore di molluschi dell’isola di Takashima si ritrova tra le mani un oggetto di metallo coperto di strani caratteri.
Gli studiosi accertano che si tratta di un sigillo di bronzo con iscrizioni in lingua mongola da un lato e ideogrammi cinesi dall’altro, datato 1276 e appartenuto ad un generale al comando di mille uomini.
È il primo passo per scoprire in quale punto è affondata la flotta di Kublai Kuhan e scandagliando il mare nei dintorni, il compito è affidato all’archeologo marino Kenzo Hayashida coadiuvato da un gruppo internazionale di sommozzatori, ricercatori e archeologi, ecco emergere altri reperti: ancore di legno, un elmetto mongolo, teste di frecce, monete e migliaia di frammenti di fasciame.
È su questi che si concentrano gli studi degli archeologi, intervengono studiosi di storia mongola e qui incominciano a squarciarsi le tenebre. Il professor Morris Rossabi sostiene che le navi cinesi del tempo erano straordinariamente moderne, addirittura in grado di poter ovviare ad una falla essendo gli scafi divisi in compartimenti stagni.
Sarebbero stati invincibili se, ecco la scoperta, gli scafi trovati, assemblati dove è stato possibile, fossero stati all’altezza della fama, invece si rivelano costruiti alla bell’e meglio.
Non solo gli alloggiamenti dell’albero maestro sono mal fatti ma, udite udite, avevano il fondo piatto, non c’era chiglia, erano imbarcazioni adatte ai fiumi.
Il fatto che tutte le ancore fossero verso sud e le cime tese verso la costa avvalora l’ipotesi che una forza immane abbia scagliato le navi verso la spiaggia, e fin qui il vento divino ha fatto il suo dovere, ma non va dimenticato che l’invasione è avvenuta tra agosto e ottobre, che in Giappone è il periodo culminante dei monsoni, se ci aggiungiamo che le navi erano raffazzonate arriviamo alla conclusione che il cielo ha avuto un aiuto nella presunzione di Kublai Khan e nel terrore dei suoi comandanti che per restare nei tempi da lui indicati hanno messo insieme una flotta di poche navi di qualità, sulle quali sono tornati in patria, e un assembramento eterogeneo di tutto ciò che potesse galleggiare e che è costato la vita, secondo antichi documenti, a 70 mila uomini, il maggior numero di vittime nella storia dei disastri marini.
domenica 15 luglio 2012
sabato 14 luglio 2012
Le parole dai BLOG
Cosa dire, come dirlo, che sia una cosa unica, intrigante, interressante, che serva, che rallegri che ci faccia incazzare.
Quante emozioni possono accendere le parole, fantasie, cattiverie, paure e banalità nell'era del copia e incolla.
Quelli che vivono scrivendo conoscono bene la regola ... devono dare alla loro platea quello che si aspettano, entrati per una porta non possono piu deviare non possono piu' uscirne, chi lo fà perde se stesso.
Difficile ma non impossibile essere un uomo dai pensieri liberi, serve alla causa lo stare bene da soli, restare lontani dai tempi delle consuetudini, vivere in un propio mondo, e da quello lanciare le propie parole a pioggia sulla vita.
Per tutte le cose non cè mai una soluzione unica, ma molte e oserei dire infinite che portano allo stesso risultato finale.
Le cose e gli uomini non sono ... e basta .... potrebbero anche essere.
I colori sono piu' semplici e immediati.
Ma non possono competere con le infinite tonalità del grigio.
venerdì 13 luglio 2012
Omaggio a Leonardo Da Vinci
Ci vorrebbe una enciclopedia per rendere giustizia a tutte le sue realizzazioni.
Proviamo a farci una idea di alcune delle sue conquiste piu' significative nel campo dell'arte, dell'ingegno, dell'ingegneria militare e della scienza.
Leonardo artista modificò il corso dell'arte.
Fu il primo pittore occidentale a fare del paesaggio un soggetto in piena regola.
Fu un pioniere nell'applicazione dei colori a olio e nell''utilizzo della prospettica, del chiaroscuro, dello sfumato e di molte altre tecniche innovative che ebbero grande influenza.
La Gioconda e L'Ultima cena sono universalmente riconosciuti come due dei piu' straordinari dipinti mai eseguiti.
Ma Leonardo creò anche altre opere meravigliose, fra cui La Vergine delle Rocce, Sant'Anna con la Vergine,Il bambino e l'agnello, L'Adorazione dei Magi, San Giovanni Battista e il ritratto di Ginevra de' Benci.
Leonardo ci ha lasciato un esiguo numero di dipinti, ma in compenso i suoi disegni sono abbondanti e ugualmente splendidi.
Come Monna Lisa, il Canone della proporzione è diventato un'icona universalmente nota.
Leonardo fu anche noto come architetto e scultore.
La gran parte del suo lavoro di architetto si concentrò sui princìpi generali della progettazione, anche se prestò consulenza nella realizzazione di diversi edifici tra cui Il Duomo di Milano, il Duomo di Pavia e il castello del re di Francia, a Blois.
Ha dato contributo a molte opere scultoree, ma è opinione unanime degli studiosi che le sole sculture a noi pervenute, sicuramente toccate dalla mano del maestro, siano tre bronzi sulla porta settentrionale del Battistero di san Giovanni a Firenze.
Il gruppo scultoreo della Predica del Battista fu creato assieme allo scultore Giovan Francesco Rustici.
Leonardo inventore progettò una macchina per il volo, un elicottero, un paracadute e molte altre meraviglie, tra cui la scala telescopica, il cambio a tre velocità, una macchina per fare la filettatura alle viti, la bicicletta, una chiave inglese regolabile, un respiratore a tubo, i martinetti idraulici, il primo palcoscenico girevole del mondo, le serrande per un sistema di canalizzazione, una ruota ad acqua orizzontale, i mobili a scomparsa, un torchio per le olive, diversi strumenti musicali automatici, una sveglia alimentata ad acqua, una poltrona terapeutica e una gru per bonificare i fossati.
Piu' che di aver creato le singole invenzioni, a Leonardo va riconosciuto il merito di aver promosso il concetto di automazione ideando un'enorme quantità di macchine in grado di far risparmiare fatica e aumentare la produttività.
Alcune erano bizzarre e poco pratiche ma altre, come i telai automatici, divennero un caposaldo della Rivoluzione Industriale.
Come ingegnere militare Leonardo progettò armi che sarebbero state usate centinaia di anni dopo, tra cui il carro armato blindato, la mitragliatrice, il mortaio, il missile guidato e il sommergibile.
Per quanto ne sappiamo, comunque, niente di tutto questo fu mai usato per nuocere a qualcuno, mentre il maestro era in vita.
Da uomo di pace quale era, definì la guerra una pazzia e considerò lo spargimento di sangue una crudeltà assurda.
Ogni tanto mostrava con riluttanza i suoi progetti. Uno lo siglò con una breve frase, prova della sua ambivalenza:"Questo no publico o divulgo per le male nature delli omini".
Leonardo scienziato è l'argomento di un acceso dibattito tra gli studiosi.
Alcuni affermano che se il maestro avesse organizzato le sue osservazioni scientifiche e le avesse pubblicate, il progresso della scienza ne avrebbe notevolmente risentito.
Altri dibattono che Leonardo era talmente avanzato rispetto alla sua epoca che il suo lavoro non sarebbe stato apprezzato comunque, anche se organizzato in un sistema di teorie generali e accessibili.
Così, se il sapere di Leonardo può essere ammirato per il suo valore in sè, come espressione della sua ricerca della verità, la gran parte degli studiosi concorda comunque che gli si possano accreditare contributi significativi in molte discipline:
Anatomia
Fu un pioniere della moderna anatomia comparata.
Fu il primo a disegnare le parti del corpo in sezione trasversale.
Rappresentò esseri umani e cavalli nella maniera piu' dettagliata e comprensibile.
Condusse i primi studi scientifici sul feto nel grembo materno.
Fu il primo a creare calchi del cervello e dei ventricoli del cuore.
Botanica
Fu il pioniere della moderna scienza botanica.
Descrisse il geotropismo ( l'attrazione gravitazionale che la Terra esercita su alcune piante)e l'eliotropismo (l'attrazione delle piante verso il sole).
Notò che l'età di un albero in anni corrisponde al numero di anelli visibili sulla superficie del tronco reciso.
Fu il primo a descrivere il sistema di distribuzione delle foglie nelle piante.
Geologia e Fisica
Fece scoperte significative sulla fossilizzazione e fu il primo a documentare il fenomeno dell'erosione del suolo.
Le sue ricerche nel campo della fisica precorsero le moderne discipline dell'idrostatica, dell'ottica e della meccanica.
40 anni prima di Copernico - Leonardo scrisse a lettere cubitali " Il sole non si move.
60 anni prima di Galileo - Suggerì di usare "ochiali da vedere la luna grande"
200 anni prima di Newton - Anticipando la teoria della gravitazione,scrisse " Ogni grave attende al basso, e le cose alte non resteranno in lor altezza, ma col tempo tutte discenderanno".
400 anni prima di darwin - Classificò l'uomo e le scimmie nella stessa ampia categoria e affermò che l'uomo non differisce dall'animale se non per caratteristiche accidentali.
Prima di morire gli chiesero se aveva paura della morte e lui rispose.....
Sì come una giornata bene spesa dà lieto dormire, così una vita bene usata dà lieto morire
Italiani famosi
Lo schema di Ponzi permette a chi comincia la catena e ai primi coinvolti di ottenere alti ritorni economici a breve termine, ma richiede continuamente nuove vittime disposte a pagare le quote.
I guadagni derivano infatti esclusivamente dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da attività produttive o finanziarie.
Il sistema è naturalmente destinato a terminare con perdite per la maggior parte dei partecipanti, perché i soldi "investiti" non danno alcuna vera rendita né interesse, essendo semplicemente incamerati dai primi coinvolti nello schema che li useranno inizialmente per rispettare le promesse.
La tecnica prende il nome da Charles Ponzi, un immigrato italiano in USA che divenne noto per avere applicato una simile truffa su larga scala nei confronti della comunità di immigrati prima e poi in tutta la nazione.
Ponzi non fu il primo ad usare questa tecnica, ma ebbe tanto successo da legarvi il suo nome coinvolgendo 40.000 persone e raccogliendo oltre 15 milioni di dollari.
giovedì 12 luglio 2012
Desertec
Desertec è l’ambizioso progetto fra Europa e Africa che ha l’obietto di produrre energia elettrica da concentrazione solare.
Si calcola che se solo lo 0,3% del deserto del Sahara fosse utilizzato per impianti di concentrazione solare, produrrebbe sufficiente energia per coprire il fabbisogno di tutta Europa grazie ad una fonte energetica rinnovabile e pulita.
Questo è il motivo per cui 20 aziende tedesche si riuniranno domani per discutere dei progetti e degli investimenti necessari per creare una massiccia rete di distribuzione di energia elettrica.
L’energia elettrica sarà così distribuita in Europa tramite linee di trasmissione ad alta tensione a corrente continua (DC).
Il progetto Desertec spera di combinare impianti di desalinizzazione e agricoltura, oltre agli impianti solari, in modo da fornire acqua potabile e sviluppo agricolo per le diverse regioni aride del deserto.
Così una parte dell’energia solare concentrata scartata servirà a produrre acqua dolce da acqua di mare.
Parte di questa acqua potrà poi essere utilizzata per irrigare le colture limitrofe e la restante servirebbe per l’approvvigionamento di acqua potabile alle popolazioni locali.
mercoledì 4 luglio 2012
Ecco come li aiutiamo.
Secondo una direttiva comunitaria, tutti gli apparecchi elettrici ed elettronici di cui ci si vuole disfare devono essere smaltiti o riciclati in modo tale da non provocare danni ambientali.
Un computer non funzionante è considerato a tutti gli effetti un rifiuto pericoloso. Ma è proprio vero che il cittadino responsabile che lascia il suo vecchio televisore rotto presso un sito di smaltimento può dormire sonni tranquilli?
Dei giornalisti hanno scelto un televisore danneggiato in modo irreversibile, vi hanno nascosto un dispositivo satellitare in grado di segnalare la sua posizione, e lo hanno consegnato presso la discarica.
In teoria, i dispositivi non funzionanti, in quanto rifiuti pericolosi, dovrebbero essere smaltiti nel luogo di utilizzo, mentre quelli utilizzabili possono essere legalmente esportati.
Un esperto del settore spiega quello che, invece, accade veramente:
Gli operatori acquistano interi carichi di materiale dalle discariche dedicate: di solito una buona parte di questi dispositivi dismessi è ancora utilizzabile e quindi dovrebbe essere separato dal resto.
Invece tutto il materiale viene classificato indistintamente come funzionante e spedito in Paesi in via di sviluppo, dove gli apparecchi effettivamente funzionanti vengono venduti a 20 sterline al pezzo, mentre il resto viene gettato via senza alcuna cautela, con effetti disastrosi sull’ambiente e sulla salute pubblica.
Esattamente ciò che è accaduto al televisore della nostra storia, il cui destino è raccontato dalla “spia” satellitare nascosta nel suo involucro: esso, dopo essere passato per le mani di una società di trasporti e riciclaggio materiali è stato immediatamente girato, nonostante fosse chiaramente non funzionante e quindi non esportabile, ad un’altra società, che lo ha imbarcato sul cargo MV Grande America, carico di tonnellate di materiale simile.
Destinazione: Lagos, Nigeria, dove il nostro televisore è stato scaricato e consegnato ad uno dei centinaia di venditori di articoli usati dell’immenso mercato dell’elettronica di Alaba.
Secondo Igwe Chenadu, mediamente 250 apparecchi sui 600-700 contenuti in un container non funzionano; 80-90 possono essere riparati, mentre il resto viene gettato via.
Il materiale senza speranza di essere recuperato è una piccola ricchezza per i disperati, soprattutto bambini e ragazzi che, inconsapevoli degli enormi rischi per la salute impliciti in questo tipo di operazioni, li trattano in modo da estrarre materie prime da rivendere.
Ad esempio, per ricavare il rame dai cavi, questi giovani ne bruciano il rivestimento di plastica: 45 minuti di inalazioni di diossina, e si può ottenere materiale di risulta da vendere per poco meno di un euro.
Dentro un tubo catodico si possono trovare due chili e mezzo circa di piombo, che contiene tossine dannose per i reni e per l’apparato riproduttivo; ma anche bario, che attacca lo stomaco e può causare problemi respiratori; il mercurio presente nei circuiti stampati e negli interruttori può provocare danni al cervello e ai reni; alcuni rivestimenti anti-corrosione sono cancerogeni. E così via.
Con il pretesto del reimpiego, le apparecchiature evidentemente non riciclabili in alcun modo in realtà vengono smaltite nei Paesi in via di sviluppo; i paesi sviluppati, insomma, scaricano sull’Africa le tensioni prodotte dai problemi industriali e sociali del loro modello di sviluppo, trasformando le contraddizioni interne che li caratterizzano (evoluzione tecnologica continua e consumismo esasperato) nell’ennesimo, grave, problema di salute pubblica per i bambini africani.
Per avere un’idea dei danni che noi tutti stiamo producendo, basta considerare i dati di una ricerca citata da The Independent, in cui si calcola che, nella sola Gran Bretagna, almeno 10.000 tonnellate di televisori scartati e 23.000 tonnellate di computer classificati come rifiuti pericolosi vengono esportati illegalmente in Africa, alimentando un mercato clandestino che vale decine di milioni di euro.
Secondo Martin Hojsik,le imprese potrebbero arrestare questo traffico illegale assicurandosi che i loro prodotti siano privi di componenti pericolose.
E’ necessario che le imprese e i governi si assumano la piena responsabilità del riciclaggio dei prodotti in condizioni di sicurezza e pongano fine allo sviluppo delle tecno-discariche, che stanno avvelenando migliaia di persone.
Parole utili, ma forse un tantino utopistiche.
Perché non ci limitiamo, più semplicemente, a pensare un attimo ai bambini delle discariche di Lagos prima di cambiare, che so, il nostro cellulare, ancora perfettamente funzionante, con un modello più evoluto?
martedì 3 luglio 2012
DUBAI
Nonostante la propaganda, Dubai e gli Emirati in senso più ampio sono forse la truffa più grande della storia recente.
La federazione di sceiccati è infatti un buco nero, anche se a lungo è stata spacciata per un paradiso di modernità e libertà nel Golfo.
Nel paese vive una minoranza autoctona che non raggiunge il quinto della popolazione residente, gli altri sono tutti immigrati. Questi si dividono a loro volta in due categorie: gli immigrati dal primo mondo, che godono di relativa libertà e sono serviti e riveriti, e gli immigrati dal terzo mondo, costretti in condizioni di assoluta schiavitù.
Negli Emirati si pratica estesamente la tortura, nei quali il principe Issa bin Zayed al Nahyan si dilettava in un numeroso campionario di angherie insieme alla polizia: frustati, percossi, sodomizzati con un pungolo elettrico per il bestiame, schiacciati con il SUV dello sceicco e molto altro ancora; questo capita a chi finisce nelle galere dello sceicco.
Guantanamo sembra Disneyland al confronto. Niente di strano, gran parte degli immigrati negli Emirati vivono come schiavi, pagati qualche decina di dollari al giorno, reclusi tra i cantieri e dormitori nel deserto, in balìa dei datori di lavoro che sequestrano loro il passaporto all'arrivo e anche se la legge lo vieta, la prassi locale non ne risente.
Veloci a varare leggi più avanzate per attirare il business, a Dubai sono altrettanto veloci a dimenticarsene.
Anche nel caso dello sceicco torturatore il governo ha prima detto che “sono state seguite tutte le procedure di polizia”, ma è stato altrettanto veloce ad assicurare che “ci sarà un'inchiesta” quando le lamentele internazionali avevano cominciato a tracimare sui media.
Tutto a Dubai sembra errore, la stessa concezione della città è insostenibile, l'impronta ecologica di un cittadino di Dubai è sette volte quella di un abitante di New York.
La metropoli nel deserto non ha acqua, che è tutta dissalata, pescata dallo stesso mare nel quale finiscono i liquami non trattati di quanti poi berranno quell'acqua. Il problema degli scarichi e dei rifiuti è tanto incombente che negli ultimi anni l'emirato ha chiesto aiuto al mondo.
Sono arrivati in soccorso anche dal comune di Palermo, che ha speso negli ultimi anni trecentomila euro per mandare il sindaco e altri in ....missione.
Una farsa nella farsa.
L'Amia palermitana avrebbe concorso a un bando per la raccolta differenziata, della quale non ha nessuna esperienza, a Palermo l'hanno mai vista.
C'è solo da sperare che anche i funzionari palermitani abbiano seguito l'esempio degli astuti britannici e che abbiano investito del proprio altrettanto malamente.
Dubai si è rivelato una piramide finanziaria destinata prima o poi a scoppiare. Tutto indica che sia scoppiata e che si sia al si salvi chi può, visto che nemmeno il sostegno finanziario dei vicini di Abu Dhabi sembra in grado di salvare il nuovo Eldorado dal fallimento.
A Dubai hanno casa buona parte delle elite mondiali, molte corporation vi hanno trasferito la sede legale per godere delle tasse particolarmente ridotte e le imponenti realizzazioni immobiliari hanno attirato il jet set mondiale, con una forte presenza mediorientale ed asiatica.
Ma anche l'Occidente ha piantato la sua bandiera, gli inglesi sono la potenza coloniale di riferimento e sovrintendono ai regolamenti di borsa, gli americani sono sbarcati con Halliburton e altri pezzi pesanti.
La crisi di Dubai preoccupa molti, anche se ne parlano in pochi.
Il miracolo ha piedi d'argilla, se non di sabbia. Per trasformare Dubai nel paradiso dell'opulenza, c'è stato bisogno di una quantità imponente di capitali e di credito e, quando i capitali si sono rarefatti, hanno venduto le foto dei palazzi, rastrellando altri capitali con i quali coprire investimenti in perdita e completare costruzioni già avviate.
Oggi Dubai vede i cantieri fermi e gli espatriati cercano di uscire dall'avventura nel modo meno doloroso. Tanti di loro si sono indebitati nel paese, per comprare un appartamento che ora non vale niente o anche solo per un'auto.
Quando un'azienda chiude, il più delle volte dalla sera alla mattina, è obbligata ad informare la banca del proprio dipendente, che a quel punto chiude le linee di credito e chiede la restituzione dei finanziamenti.
Licenziati, ci si trova senza carte di credito e con la banca che vuole tutto e subito e con l'azienda che nella maggior parte dei casi non versa nemmeno la liquidazione pattuita. A Dubai se non paghi i debiti finisci in galera, usanze locali e prudenza, perché essendo quasi tutti stranieri una volta scappati all'estero è difficile recuperare i crediti.
Così in tanti, non appena ricevono la notizia del licenziamento, si fiondano all'aeroporto e scappano su due piedi.
Migliaia di automobili sono rimaste abbandonate con le chiavi sul cruscotto all'aeroporto, a volte con un biglietto di scuse per il disturbo.
L'aeroporto più grande del mondo, la torre più alta del mondo, isole artificiali, sequenze interminabili di centri commerciali, l'aria condizionata più pervasiva del mondo, oggi non valgono niente, sono solo la misura di un passo troppo lungo per le gambe degli emiri.
In un anno Dubai ha perso la metà del suo valore immobiliare e non è ancora finita, perché rischia la compagnia aerea, si ribellano gli schiavi e si diffondono i racconti dei professionisti espatriati che passano dalla favola all'incubo e finalmente si accorgono che le leggi del paese sono scritte sulla sabbia e che tutto quella gente al loro servizio ha gli stessi diritti di uno schiavo.
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