sabato 30 luglio 2011

Inquinamento: Italia ai primi posti

Photobucket

La riduzione delle emissioni.

Ridurre le emissioni costa, e molto.
Il trattato prevede l'obbligo per i paesi industrializzati di operare una riduzione delle emissioni di elementi inquinanti in una misura non inferiore al 5% rispetto alle emissioni registrate nel 1990 nel periodo 2008-2012.
La riduzione prevede il ricorso a meccanismi di mercato, i cosiddetti “Meccanismi Flessibili”, che hanno come obiettivo quello di ridurre le emissioni al costo minimo possibile.
In pratica, si prefiggono di massimizzare le riduzioni ottenibili a parità d’investimento.
Con questi meccanismi, vari Paesi del mondo, a dire il vero non molti, hanno iniziato realmente a ridurre le emissioni.
Molti altri, la maggioranza, sono riusciti invece a sviluppare ulteriori attività industriali mantenendo costante il livello di emissioni, senza alcun incremento.
L'Italia invece appartiene ad un'altra categoria: quella, ristretta, dei Paesi che in questi anni, nonostante la firma e la ratifica del Protocollo di Kyoto, hanno incrementato la quantita di emissioni inquinanti.
In pratica, mentre si aderisce ad un trattato per ridurre l'inquinamento in atmosfera, ogni anno inquiniamo sempre di più.
In una logica sana, e non malata, sarebbe normale che chi inquina di più paghi di più per risanare le proprie malefatte ambientali: ma l'Italia, così come un bambino pescato in flagrante a fare una marachella, piuttosto che arrossire e chiedere scusa, promettendo di riparare, non solo nasconde la manina, ma preferisce difendere il proprio operato e dire un vigoroso no all'Unione Europea.
Avremmo il dovere di pagare di più, dovendo recuperare di più degli altri, visto che abbiamo incrementato le nostre emissioni.
Ma non c’è un governo che agisce con una logica caratterizzata dalla buona fede.
D'altronde, ci sono di mezzo i soldi per la riduzione delle emissioni, quindi i soldi delle industrie più inquinanti, industrie che per il governo vanno difese a spada tratta.
Si tratta di lobby ricche e potenti, quelle delle industrie chimiche, petrolifere, farmaceutiche, estrattive e della lavorazione dei metalli.
Quelle che inquinano, che dovrebbero pagare e ridurre le loro emissioni; ma per loro fortuna, o grazie al loro lavoro di lobby, hanno a disposizione un potere politico, un governo, che sembra essere piuttosto il loro sindacato internazionale.
D'altronde, di più non si può pretendere, visto che l'attuale ministro dell'Ambiente della Repubblica italiana non può certo difendere l'ambiente a scapito degli industriali; infatti è titolare del 21,5% della Fincoe di Casalecchio di Reno (BO), a cui si aggiungono la quota di proprietà del resto della famiglia, quella della sorella, e quella che detiene suo padre, vicepresidente di Confindustria a Siracusa. La famiglia Prestigiacomo, messa assieme, detiene la maggioranza assoluta dell’azienda, holding proprietaria al 99% della tristemente celebre Coemi Spa di Priolo.
A sua volta, la Coemi controlla il 60% della “Vetroresina Engineering Development” di Priolo (SR).
Poi c'é la Sarplast, anch'essa dell’attuale ministro dell’ambiente. Fallì nel 1997 a causa di una serie di incidenti e malattie dei dipendenti e, nel 2000, finì sotto inchiesta da parte della Procura di Siracusa con un fascicolo che parla di lesioni colpose. Operai hanno avuto figli con malformazioni congenite, altri operai non fumatori con polvere nei polmoni, un dipendente morto cadendo da un traliccio e pochi mesi prima un altro rimasto gravemente ferito.
Un curriculum di tutto rispetto, per un ministro dell'Ambiente che è prima di tutto un industriale nel settore chimico e petrolifero, tra i più inquinanti in assoluto. Ma si sa, in Italia il conflitto d’interesse è ormai una cosa priva di senso, altrimenti non avremmo anche un ministro del Lavoro, con delega alla Salute, marito della donna che dal 2005 è direttore generale di Farmindustria, l'associazione che promuove gli interessi delle industrie farmaceutiche.
Così, il governo italiano ha deciso di schierarsi con se stesso, a scapito dei cittadini ed a favore di chi inquina, per un mero calcolo economico, e con una miopia non solo ambientale ma soprattutto politica che resterà nella storia, e non solo dell'Italia.
Mentre il resto d'Europa cerca di correre ai ripari e di ripulire l'aria da tutti respirata, qui nella penisola c'è ancora un governo ed un sistema d'impresa che ha sporcato e che continuerà a sporcare, urlando istericamente di avere il diritto di farlo.